IL PRETORE
   Sciogliendo  la  riserva,  cosi'  provvede:  Danilo Paggi assume di
 essere venuto  a  conoscere  della  voluntas  della  sig.ra  Brigitte
 Payraudeau,  cittadina  francese  residente in Italia, di presentare,
 nel   collegio   dell'Italia   centrale,   la   propria   candidatura
 all'elezione  a  membro  del Parlamento europeo, quale rappresentante
 per l'Italia.
    Premesse  valutazioni  di  varii  pregio  e  natura,  Danilo Paggi
 chiede, quindi, al  giudice  adito  di  voler  inibire,  in  sede  di
 procedura  ex  art. 700 cod. proc. civ., a tale signora di presentare
 la propria candidatura in detta vicenda elettorale  e  di  voler  "in
 conseguenza",  dichiarare rilevante e non manifestamente infondata la
 questione di legittimita' costituzionale (per  contrasto  con  l'art.
 51,  secondo  comma, della Cost.) della norma (art. 4, secondo comma,
 della legge. 24 gennaio 1979, n. 18, come  modificato  con  legge  18
 gennaio  1989 n. 9) che, in atto, consente di compiere legittimamente
 tale attivita'.
    La convenuta, costituitasi in giudizio, ha chiesto reiezione della
 domanda di inibitoria, non  opponendosi,  tuttavia,  alla  rimessione
 della teste' enunciata quaestio alla Corte costituzionale.
    Gli atti appaiono limpidi sotto il profilo del rito.
    Danilo  Paggi  e',  per  certo  (la  circostanza e' incontestata),
 cittadino italiano dotato dei "poteri" inerenti all'elettorato attivo
 e  passivo  e,  in tale veste ed al pari di ogni suo "simile", appare
 legittimato (cfr. art. 44 della  legge  24  gennaio  1979  n.  18)  a
 proporre,  in  sede  giudiziale, questioni inerenti all'eleggibilita'
 (anche lato sensu) di candidati all'ingresso, quali  componenti,  nel
 Parlamento europeo.
    Tale  actio  deve,  posteriormente alla "prova" elettorale, essere
 promossa innanzi alla territorialmente competente  corte  di  appello
 (cfr. art. 44 della legge cit.).
    Ne  segue  giurisdizione  del'a.g.o.  anche  in sede cautelare. In
 Ordine alla competenza per territorio del giudice  adito  a  prendere
 cognizione  della  vicenda  recata  al  suo esame, non si evidenziano
 cause ostative.
    Deve  ritenersi circostanza pacifica in causa (nulla essendo stato
 eccepito dal difensore della convenuta a  fronte  dell'assunto  della
 controparte) che Brigitte Payraudeau sia cittadina francese.
    Consta  che  quest'ultima  ha, realmente, manifestato l'intento di
 proporre la sua candidatura, quale rappresentante per  l'Italia,  nel
 predetto agone elettorale.
    Tale  intento,  palesato con lettera pubblicata sul quotidiano "Il
 Corriere dell'Umbria" (copia della  nota  di  stampa  e  copia  della
 missiva   si   rinvengono   in   atti),  appare  confermato  in  sede
 processuale, sia per non esser stato expressis verbis negato sia  per
 la  "resistenza"  opposta  ai  petita della controparte, cosi' da far
 ritenere l'actio del Paggi non inutiliter promossa.
    La pretesa inibitoria relativa a tale volonta' non puo' essere, da
 questo giudice, concessa, ostandovi, oltre che ragioni di  principio,
 i disposti di legge (art. 4, secondo comma, della legge citata).
    La  domanda  va, pertanto, in punto, interinalmente disattesa, con
 rinvio della definitiva decisione all'esito del promuovendo  giudizio
 di legittimita' costituzionale.
    Non  e'  consentita, allo stato della legislazione, ne' la tesi e'
 sostenibile, la "precaria" disapplicazione della norma  di  legge  ad
 opera   del   giudice  chiamato  a  deliberare  sulla  non  manifesta
 infondatezza  e  sulla  rilevanza  della  questione  di  legittimita'
 costituzionale in ordine alla stessa promossa.
    Trattasi,  certamente,  di  "lacuna"  legislativa (peraltro, e pur
 volendo ritenere sussistente nell'ordinamento un  principio  generale
 di  tutela  preventiva/cautelare, non colmabile con l'attribuzione di
 porzioni  dei  poteri  della  Corte  costituzionale   e   delle   sue
 "ramificazioni  periferiche",  in  persona  delle  a.g.  preposte  ai
 giudizi nel cui corso le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
 vengano promosse), ma, allo stato, non superabile.
    Del  resto,  siffatta  domanda appare proposta al precipuo fine di
 ottenere l'accesso alla Corte in giusa rituale,  essendo  inibita  la
 proposizione   in  via  principale  della  quaestio  di  legittimita'
 costituzionale, che e' la quaestio  che,  all'evidenza,  interessa  e
 dalla cui soluzione dipende la soluzione del merito della vicenda.
    Venendo,  dunque,  al  "clou",  deve compiersi contestuale duplice
 verifica: in  primis,  del  ricorrere  dei  presupposti  legittimanti
 l'emissione  di  eventuale provvedimento d'urgenza inibitorio (stanti
 gli  eventuali  riflessi,  almeno  in  punto  di  "rilevanza"   della
 medesima,  sulla questione di legittimita' costituzionale) e, in pari
 tempo, dei presupposti per elevare a  sospetto  la  costituzionalita'
 della  norma su cui fondasi il diritto oggetto della dichiarazione di
 intenti della convenuta.
    Per cio' che attiene al primo profilo, non vi e' margine per dubbi
 di alcuna specie ne' in ordine al ricorrere del fumus boni juris  (da
 individuare  nella  astratta fondatezza della "pretesa" del cittadino
 di ottenere la  puntuale  applicazione  delle  norme  in  materia  di
 elettorato  attivo  e  passivo,  in  quanto  conformi  ai  prescritti
 costituzionali; non palesandosi, inoltre, peregrino, giusta anche  le
 autorevoli  opinioni  gia' espresse in proposito, ritenere esperibile
 l'inibitoria ancor prima del compimento dell'attivita' che si  assume
 lesiva,  specie  allorche'  la  medesima sia, come nel caso concreto,
 gia'  in  itinere),  ne'  in  ordine  al  ricorrere   del   periculum
 (pregiudizio,  non monetizzabile, ipotizzabile a carico del cittadino
 che abbia l'intento  (peraltro  non  espresso  nel  nostro  caso)  di
 accedere  alla carica elettiva, in ragione del venire in essere di un
 troppo cospicuo numero di concorrenti, ovvero, comunque, ipotizzabile
 a  carico del cittadino elettore, in ragione del possibile venir meno
 di piu' o meno congrua (in ipotesi, con rilevante incidenza) porzione
 dei  consensi  al  gruppo di appartenenza o di cui radirebbe maggiore
 presenza  nell'eligendo  organismo)  in  mora",  attesa   l'imminenza
 dell'apertura  (nonche'  della chiusura) del periodo di presentazione
 delle candidature per l'elezione al Parlamento europeo (l'espressione
 del  voto  e'  fissata,  salvo  errore,  al  18  giugno  p.v.  ed  il
 procedimento elettorale dovra' avere  inizio,  giusta  i  dispositivi
 degli  artt.  7  e  seguenti  della  legge 24 gennaio 1979, n. 18, il
 quarantanovesimo  giorno  precedente  quello  stabilito   per   detta
 consultazione).
    Superata  questa  "fase"  e  venendo  all'esame della questione di
 legittimita' costituzionale proposta, non puo' disconoscersi  la  non
 manifesta infondatezza della medesima.
    Se  e'  pur  vero  che  al legislatore italiano deve darsi atto di
 avere palesato, primo (per quel che  consta)  negli  ambiti  europei,
 "spirito" comunitario invero elevato, abbattendo barriere piu' o meno
 fittizie con il consentire "a mezzo del disposto  dell'art.  1  della
 legge  n. 9/1989 cit.) la partecipazione, nel territorio dello Stato,
 e quale espressione dello stesso, nell'agone elettorale  a  cittadini
 stranieri, e' altresi' vero che la norma, specie in assenza (per quel
 che consta) di situazioni di reciprocita' (non allegate da alcuno) ed
 in  difetto,  inoltre,  di  normativa comunitaria disciplinarmente la
 materia, non appare appieno conforme ai prescritti costituzionali, in
 specie all'art. 51, primo e secondo comma, della Costituzione, da cui
 evincesi la sola possibilita' di parificare ai cittadini, per  quanto
 riguarda   l'ammissione  alle  cariche  elettive,  gli  italiani  non
 appartenenti alla Repubblica; restando  esclusa,  nel  silenzio  (non
 eloquente)  della  norma,  la  parificazione a questi ultimi dei "non
 cittadini" (viceversa attuata dalla norma "impugnata").
    La   questione,   nonche'  non  manifestamente  infondata  per  le
 considerazioni teste' svolte, appare rilevante per  le  ragioni  gia'
 sopra  esplicate  (cfr.  in  punto  di  astratta ammissibilita' della
 pronuncia del chiesto provvedimento d'urgenza), sia in  quanto  dalla
 sua  soluzione dipende, all'evidenza, la soluzione della controversia
 posta all'attenzione di questa a.g.